Relazione finale corso

Docente: Maria Menna

Uno degli obiettivi principali della scuola di oggi è quello di perseguire e assicurare il successo scolastico di tutti gli studenti, prestando attenzione a tutte le forme di diversità, disabilità o svantaggio, riconoscendo e valorizzando le differenze individuali e impedendo che esse si trasformino in disuguaglianze. Ogni istituzione scolastica deve consentire il massimo sviluppo delle capacità, abilità e potenzialità di ciascuno studente.

L’Italia è stata tra i primi Paesi a scegliere la via dell’integrazione degli alunni disabili all’interno di scuole e classi comuni. Tale integrazione ha permesso di arricchire le scuole, in quanto le ha spinte a guardare le potenzialità personali in modi inusuali e ha contribuito a far cogliere l’importanza di investire sulla formazione di tutto il personale, portando il mondo scolastico a confrontarsi non solo con la prospettiva sanitaria, ma anche con quella di tipo sociale, istituzionale e contestuale. Il superamento delle scuole speciali e delle classi differenziali ha influenzato anche altri settori della società italiana e l’integrazione si è estesa ad ogni ambito della vita sociale, compreso il mondo del lavoro.

Negli ultimi anni il termine integrazione è stato sostituito da inclusione, termine con cui si indica un modello di organizzazione dei servizi educativi che concepisce la scuola come luogo di valorizzazione delle differenze, con competenze adeguate a saperle trasformare in risorse per l’intero sistema educativo. L’integrazione è un processo basato su strategie per portare l’alunno disabile a essere quanto più possibile simile agli altri; l’inclusione, invece, si basa sul riconoscimento della rilevanza della piena partecipazione alla vita scolastica da parte di tutti i soggetti.

La via italiana all’inclusione comprende non solo gli alunni disabili, ma anche quelli con Bes (Bisogni educativi speciali), alunni con una vasta gamma di problematicità che non rientrano né nella legge 104/92 né nella legge 170/2010.

È inclusiva una scuola che permette a tutti gli alunni non solo di sentirsi parte attiva del gruppo di appartenenza, ma anche di raggiungere il massimo livello possibile di apprendimento e partecipazione sociale, valorizzando le differenze presenti nel gruppo-classe. Il curricolo scolastico non va più inteso come mera trasmissione di contenuti e conoscenze, ma come ricerca flessibile e personalizzata della massima competenza possibile per ciascun alunno. La didattica inclusiva va nella direzione di una riduzione della disabilità, cercando di modificare il contesto il contesto nel quale gli alunni “speciali” sono inseriti.

Per incrementare i livelli di inclusione in classe e migliorare le condizioni di apprendimento di tutti gli alunni occorre:

  • considerare i compagni di classe come una risorsa e incentivare collaborazione e cooperazione all’interno della classe. L’apprendimento non è un processo solitario, ma è influenzato dalle relazioni, dagli stimoli e dai contesti tra pari. L’uso dei gruppi di studio ha il vantaggio di sfruttare l’interazione come forza propulsiva per coinvolgere tutti gli alunni e spingerli ad attivarsi per raggiungere scopi di apprendimento comuni. Tale tipo di apprendimento fornisce un valido aiuto agli studenti affetti da problematiche della sfera cognitiva, socio-emozionale e di sviluppo;
  • variare i materiali rispetto ai diversi livelli di abilità e stili cognitivi presenti in classe;
  • potenziare strategie logico-visive, grazie all’uso di mappe mentali e mappe concettuali;
  • valorizzare i diversi stili cognitivi presenti in classe e le diverse forme di intelligenza;
  • sviluppare consapevolezza in ogni alunno rispetto al proprio processo di apprendimento;
  • sviluppare una immagine positiva di sé.

Uno dei documenti di cui dispone la scuola inclusiva è il PAI, Piano Annuale per l’Inclusività. Introdotto dalla Direttiva sui Bes del 27/12/12, ha lo scopo di rendere evidenti all’interno dell’istituto scolastico gli elementi di positività e di criticità nel processo di inclusività, rilevando le tipologie dei diversi bisogni educativi speciali e le risorse impiegate. Esso viene redatto collegialmente da ciascuna scuola e costituisce il fondamento per l’avvio del lavoro dell’anno scolastico successivo.